Ogni giorno è un nuovo giorno



Il passato è un tema che ricorre spesso nei miei libri, anche nelle mie poesie e, ritrovandomi qui, anche nei post di questo blog.

Nel libro "La felicità è nelle tue mani" (ed. Youcanprint) ho usato la metafora della catena di metallo per descrivere i momenti in cui noi viviamo legati al passato: siamo legati ad esso con una catena, ci trasciniamo a fatica, con un grande peso da portarci dietro, e anche se ci fa male, non vogliamo staccarci da lui.
Pensiamo che il passato sia importante - forse troppo - e quindi non vogliamo staccarci da lui, non vogliamo dimenticarlo, non vogliamo fargli pensare che, di lui, non ce ne importa niente.

Nell' articolo di questo blog "Il problema non è il passato, ma l' importanza che gli dai" ho trattato questo argomento dal nostro punto di vista, ovvero il rapporto tra noi e il nostro passato.
Ma cosa accade quando giudichiamo gli altri in base al loro passato?

IL PASSATO CHE RIMANE
La storia di Angulimala presente nel Canne Pali può darci un piccolo esempio su come il passato altrui agisca su di noi.
Per raccontarla brevemente, Angulimala era un assassino che girava con la sua sciabola. Uccise centinaia di persone. Un giorno incontrò il Buddha e, dopo uno scambio di battute, si convertì diventando monaco del suo sangha (comunità di monaci del Buddha). Il Buddha spiegò lui che sì, era un assassino, aveva ucciso tantissime persone ma aveva, in quel momento (e in ogni momento della sua vita) la possibilità di scegliere: continuare nelle sue azioni, uccidendo altre persone, oppure fermarsi, evitando di creare sofferenza ad altre persone.

Se il primo frammento del sutra ci insegna che possiamo fermarci dal far del male in qualsiasi momento, nei due frammenti seguenti capiamo che le conseguenze delle nostre azioni ricadono sempre su di noi.
Nel proseguo, divenuto monaco, Angulimala si ritrova in uno dei villaggi dove uccise diverse persone: fu riconosciuto, e gli abitanti, stavolta armati dinnanzi all' assassino disarmato, lo aggredirono con lanci di pietre e percosse, lasciandolo a terra, ferito gravemente, in un lago di sangue.

Le due domande sono:
  1. può la vendetta sollevarci dalla sofferenza?
  2. è giusto giudicare qualcuno sulla base del suo passato?

La risposta alla prima domanda - per rimanere nel tema - si ritrova in una storia contenuta nel Divaghu Sutta [Vinaya Pitaka, II Khandhaka - Mahavagga 10.2.3] del Canone Pali dove apprendiamo il messaggio che « La vendetta non paga mai: se tu uccidessi gli assassini di un tuo caro, quelli ucciderebbero te. Alla tua morte, i tuoi cari ucciderebbero i tuoi assassini. I cari di questi assassini andrebbero poi in cerca dei tuoi cari per ucciderli. E così, per l' eternità ». Il messaggio finale è forte, può sembrare pura utopia e qualcuno potrebbe anche riderci sopra:

« L' odio non si combatte con l' odio, ma con l' amore »


OGNI GIORNO È UN NUOVO GIORNO

È una frase contenuta in un libro di Omar Falworth. Effettivamente è così.
Quando cadiamo, ci rialziamo e, forse, non ripensiamo all' errore promettendoci di non rifarlo più? Quante volte siamo cambiati nella nostra vita? Quante volte abbiamo cambiato modo di pensare e di agire? Quante volte ci siamo persino vergognati di esser stati come eravamo (fisicamente o di pensiero), provandone a cancellarne le tracce per non cadere in ridicolo davanti agli altri? Quante volte abbiamo nascosto qualcosa del nostro passato?

Se abbiamo smesso di giudicare noi stessi, se sappiamo che non dobbiamo guardarci come eravamo ieri, ma guardarci come siamo oggi, perché giudichiamo le persone per come erano ieri e non per come sono oggi? Perché restiamo con la nostra opinione in base a ciò che quelle persone hanno fatto nel loro passato?

Ognuno di noi sbaglia, nessuno escluso. Nessuno è perfetto.
Se vivessimo approcciandoci alle persone solo in base al loro passato, vivremmo nell' odio e nel pregiudizio.
Sono molte le persone che si vergognano del proprio passato, dei propri comportamenti tenuti nel passato, vorrebbero cancellare quel passato ma non possono. In realtà possono farlo, basta dimenticare, ma chi riuscirebbe a cancellare anche la memoria delle altre persone?

Ogni giorno è un nuovo giorno e ciò che hai fatto ieri non c'è più, quel che conta, è quel che farai oggi. Dovremmo vivere facendo sì che ogni rapporto sia cosa nuova nel presente. Potremmo chiamarlo "perdono"? Forse, ma certamente se oggi si commetterà un nuovo errore, non staremo lì a far finta che non ci sia stato, perché altrimenti saremmo ciechi. Se il passato si ignora, ma si commette un errore nell' oggi, questo errore si pagherà, così come accaduto ad Angulimala.
Non è vendetta, ma è la conseguenza delle nostre azioni in base al modo di pensare altrui.

Ha davvero senso iniziare ad allacciare un rapporto affermando che « Tizio, cinque anni fa, ha fatto un dispetto a Caio » e posare, sulla testa di Tizio, un dubbio, un pregiudizio che non è provvisorio, ma definitivo (anche se non lo vogliamo ammettere)?

Quant' è la soddisfazione, la felicità e la pace di una persona quando capisce che non viene giudicata solo per il suo passato! Non salteranno più sulla difensiva in ogni situazione! No, il nostro passato non deve permettere di giudicarci e il passato altrui non deve permetterci di giudicare gli altri. È il presente che dobbiamo guardare.

Basta una piccola caduta, un errore, un rimorso compreso e accettato per farci cambiare in positivo. Vorremmo uscire fuori a urlare « Non sono più quello di ieri! Sono una persona nuova! ». Lo siamo, e lo saremo anche in futuro.
Spesso, il passato è qualcosa di intangibile, di impalpabile, che si incolla alle pareti interne della nostra mente e che, tramite il nostro modo di pensare, si attiva puntando sempre il dito, portandoci a vedere una realtà distorta. Guardando il nostro e il presente altrui, scopriremo che ogni giorno è nuovo, è diverso, è che anche i nostri dubbi nei confronti degli altri, alla fine, erano anch' essi impalpabili, così impalpabili che, innanzi alla realtà, sono fuggiti via. Per sempre.



Lapenna Daniele

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