Gli studenti stupidi non esistono



Non è la votazione del docente a fare, di uno studente, una persona intelligente o stupida.
La Comprensione è l' arma che abbatte quel muro che separa le nostre relazioni finendo di suddividerci in individui superiori e individui inferiori. Siamo tutti esseri umani, e tutti abbiamo da dare qualcosa all' umanità



Quando, da bambino, compresi - anche grazie alle valutazioni degli insegnanti - che ogni studente aveva una capacità di apprendimento diversa da un' altro, mi domandai immediatamente se fosse possibile portare tutti ad un unico livello di conoscenza affinché fosse abbattuta quella orribile disparità che divideva la classe in studenti intelligenti e studenti meno intelligenti.

Forse si nasce con una certa indole, ma a me non piaceva vedere compagni di scuola che prendevano brutti voti, che venivano additati a nullafacenti dai docenti e che si sentissero persino contenti di aver preso un voto basso, come se la stupidità fosse un vanto, un dato di fatto come il colore degli occhi: non si poteva cambiare.

E invece no.

Avente forse, in me, già quell' indole anarchica, non accettavo che ci fossero studenti considerati "più stupidi" degli altri. Io, che alle elementari ero il tipo che, terminati gli esercizi di matematica da fare a casa, me ne cercavo degli altri dal libro solo perché amavo la materia, non potevo vedere amici di classe affondare ed esser felici di annegare. No, per me non era giusto.

Gli insegnanti iniziarono ad affiancarmi i compagni meno studiosi, e alle medie il mio miglior amico era proprio un ragazzino che studiava giusto il necessario (forse la legge secondo la quale gli opposti si attraggano vale anche per l' amicizia).
Quando, nel riuscire a svolgere e completare, da solo, un esercizio di geometria esclamò « Ci sono riuscito! Sono belli i problemi di geometria! » sentii di aver raggiunto il mio scopo: la votazione degli insegnanti non decretava la stupidità dello studente.

E mi accadde anche alle superiori, e qui scoppiai a ridere.
In classe spiego al ragazzo i dettagli di una materia (Probabilità e Statistica) e, appena lui apprese la nozione, esclamò (con l' insegnante alla cattedra che stava tenendo due interrogazioni - tenete conto che non vigeva l' ordine neanche durante le spiegazioni del docente) « Allora è così! Adesso ho capito! » indicò l' insegnante e proseguì, ad alta voce « Questa stupida non mi ha fatto capire un c....!» sottolineando la non capacità del docente a spiegare.

Al di là dell' insulto gratuito che poteva esser evitato (ma che denotava la sincerità del suo pensiero), si può comprendere che chi non studia non è perché non ha le doti ma perché, come sottolinea anche lo psichiatra Andreoli, non riesce a catturare l' attenzione degli studenti trasmettendo quell' autorevolezza che permetta loro di farsi rispettare senza obblighi, senza costrizioni.

La persona autoritaria ha un potere, come un' istituzione pubblica (volgarmente "lo Stato") e, senza costrizione, porta all' obbedienza le persone.
La persona autorevole non ha autorità, non può ottenere l' obbedienza, ma può portare a seguirla senza alcuna costrizione.
La differenza è abissale.

Ho sempre esaltato ogni piccolo passo in avanti dell' amico che comprendeva una nozione, ho sempre sottolineato l' errore commesso come insignificante anche se mai da ignorare, ho sempre esclamato, più e più volte, « Lo vedi che non sei stupido? » e tutte le volte mi trovavo davanti ad un' espressione che era un misto di soddisfazione e stupore che però si trasformava, alcune volte, in malinconia, come se avessero ripensato al tempo gettato via nel non studiare.

Io non sono un docente, non ho una laurea in scienze dell' educazione, non ritengo di avere doti straordinarie ma un merito concedetemelo: la comprensione.
Se vogliamo esser compresi dagli altri, dobbiamo parlare e chiedere aiuto; se vogliamo comprendere gli altri, dobbiamo ascoltare e prenderli per mano.
Molto spesso anche noi abbiamo bisogno di aiuto: aiutando gli altri aiutiamo noi stessi, comprendendo cosa serve agli altri e cosa serve a noi stessi.

Intelligenza non è conoscere il moto di rivoluzione terrestre, o la data esatta della Rivoluzione Francese ma, come riporta la definizione del termine, avere la « capacità di pensare, comprendere e spiegare tutto ciò che abbiamo intorno; la capacità di elaborare i modelli astratti e tangibili della realtà, farsi comprendere dagli altri, giudicare oggettivamente i fatti, sè stessi e gli altri ».

Saremo diversi uno dall' altro, esteriormente e interiormente, ma nessun individuo può sentirsi o può esser decretato come superiore agli altri.
Personalmente ritengo che ogni individuo ha qualcosa da dare al mondo e agli altri, nonostante abbia caratteristiche che lo rendano gli facciano credere di esser "inferiore".


Commenti

  1. Mi ha colpito molto il suo articolo caro amico Daniele. Mi fa molto piacere rotrovare in lei una parte del mio modo di pensare e agire, di concepire l'umanità e come dovrebbe essere la scuola oggi e domani, anzi come avrebbe dovuto essere: inclusiva ed empatica, accogliente e aperta a tutte le forme di intelligenza ed espressività. Invece a volte, anzi troppo spesso, finora la categoria docente ha favorito disuguaglianze o le ha tollerate per "quieto vivere", per stare al proprio posto di lavoro senza dover combattere il pensiero unico, i modelli fascistoidi o discriminatori. La scuola ha addirittura tentato di assimilare la mentalità del libero mercato, del capitalismo e dell'impresa senza rispetto per tutte le qualità e le istanze umane. Dobbiamo tornare a fare Vera Scuola, libera in ogni senso, indisciplinata nella ricerca delle conoscenze potenziali e anche per quelle date per acquisite. Riporto il bellissimo suo passaggio:
    " Chi non studia non è perché non ha le doti ma perché, come sottolinea anche lo psichiatra Andreoli, non riesce a catturare l' attenzione degli studenti trasmettendo quell' autorevolezza che permetta loro di farsi rispettare senza obblighi, senza costrizioni."

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    1. Grazie del commento.
      Mi scuso per la risposta in ritardo: non mi è arrivata la notifica dei nuovi commenti e non ho verificato la sezione commenti del blog.

      Concordo con tutto ciò che ha scritto.
      Sono proprio quelle pecche ad avermi fatto comprendere dopo anni, quanto la scuola non fosse (e anche oggi, non sia) ancora così inclusiva.
      Quel che ritrovai nella scuola, la ritrovai anche nella quotidianità da grande: l' esclusione volontaria delle persone. Se un ragazzo non studiava, occorreva comprendere la situazione con la sua famiglia e comprendere le ragioni che lo portavano ad odiare gli studi. Un po' come quando un tizio per strada si comporta male con noi senza motivo e noi lo insultiamo anziché cercare di pensare che, forse, quel giorno quella data persona non sta attraversando un momento felice.

      Non so cosa accadrà ma spero che gli odierni docenti (tutti) e i futuri docenti si uniscano per chiedere di rendere la scuola pubblica migliore e impegnarsi, assieme, per creare un ambiente migliore che includa tutti, che non divida gli studenti "buoni e cattivi", ma che permetta loro di sviluppare la vera Consapevolezza.

      Un buonissimo proseguo a lei

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