Sei anche tu una rana bollita? L'inazione dell'essere umano e le conseguenze del non agire


Una delle più belle metafore per descrivere l'esistenza dell'uomo moderno è stata enunciata da Avram Noam Chomsky (Filadelfia, 7 dicembre 1928), un linguista, accademico, anarchico, teorico della comunicazione e saggista statunitense.
Chomsky, per descrivere la tendenza all’inazione che caratterizza l’umanità nell’era contemporanea, ideò il principio della rana bollita. L'inazione è la non azione, il non agire, l'inattività, quando restiamo fermi anziché muoverci per il nostro bene.

IL PRINCIPIO DELLA RANA BOLLITA
Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.

IL SIGNIFICATO
Ti è mai capitato di sopportare delle situazioni ostiche, pesanti, debilitanti oppure persone negative, non in linea con il tuo modo di essere per molto tempo solo perché ti hanno insegnato (in modo totalmente errato) che la resistenza è per forza sinonimo di forza caratteriale?
Troppo spesso si resta in situazioni difficili, che causano insoddisfazione, rabbia, sofferenza, apatia e poi arrendevolezza perché si ha paura di cambiare. Anche nelle relazioni amorose, di amicizia e lavorative non si agisce per interrompere i rapporti per lo stesso motivo: a volte si usa la scusa del non voler ferire l'altra persona o del non deluderla, ma invece si tratta solo di scuse per giustificare la nostra inazione. «Non agisco perché non voglio, ma perché non posso ». È la scusa migliore per non agire.

La rana non è morta per colpa dell'acqua bollente ma perché non ha agito nel momento giusto. La rana non ha avuto la capacità di decidere di saltare nel momento giusto. Allo stesso modo noi attendiamo che le situazioni cambino da sole: attendiamo, attendiamo, attendiamo e, quando avviene un cambiamento non lo accettiamo perché non è come lo volevamo, quando invece non cambia nulla, proseguiamo a non agire e a lamentarci.

NON BISOGNA SOPPORTARE, MA AGIRE!
Non c'è alcuna giustificazione nel sopportare una situazione che man mano diventa sempre più difficile da sopportare. I grandi del passato hanno cambiato le loro società proprio agendo e non restando fermi a sopportare le situazioni debilitanti: hanno rischiato tutto, hanno sacrificato tutto per un ideale che avrebbe cambiato la vita a sé stessi, alla loro famiglia e al resto della società.
Viviamo immersi nell'acqua della pentola: l'acqua diventa sempre più calda, ovvero la situazione diviene sempre più insopportabile, ma non saltiamo fuori. Ci abituiamo alla nuova, difficile situazione, e quindi dimostriamo a noi stessi di essere forti, e andiamo avanti anziché comprendere che siamo molto deboli, perché ci stiamo adattando a un peggioramento della nostra situazione e non a un cambiamento positivo. Man mano che la situazione peggiora, noi ci abituiamo, e il tutto diviene "normale".

Quante volte i vostri genitori o un estraneo vi ha detto « In un rapporto di coppia è normale litigare ». Davvero? E perché mai? Cos'è la vera normalità?
Perché le persone esplodono d'improvviso in cosiddetti "raptus" di follia? Quando esplode la rabbia? La metafora della "goccia che ha fatto traboccare il vaso" vi dice nulla? Credete di essere forti, di dover sopportare le situazioni difficili per poter proseguire. Perché mai?
Troppo spesso, nonostante siamo in una pentola bollente, ci viene la malsana idea di procreare: così, nella pentola ci trasciniamo nuove rane, i nostri figli, i quali non hanno ancora l'energia e la forza per saltar fuori essendo così costrette a subire il bollore dell'acqua iniziando a imparare (sbagliando, ma non lo sanno) che bisogna vivere sopportando le situazioni pesanti e sbagliate anziché saltare fuori e cercare la via utile e positiva per loro stessi.

L'ERRORE NON ESISTE
Tra le migliaia di nozioni e modi di pensare e agire errati, l'educazione nelle società moderne ci insegna anche che l'errore è qualcosa di grave, di ignobile, al quale bisogna sempre porre rimedio o nascondere il proprio misfatto. In realtà, gli errori non esistono. Quando si agisce, semplicemente le azioni vanno nel modo in cui il "Sistema" le direziona (il "Sistema" è inteso quell'insieme di elementi che concorrono alla conseguenza di un'azione. Ogni conseguenza non è mai frutto di un solo elemento).
Se le cose non vanno come vogliamo noi o la società che è intorno, lo chiamiamo errore/sconfitta. Se le cose vanno come volevamo noi, lo chiamiamo successo, mentre se vanno come voleva la società, si chiamerà giustizia. Sono tutti termini dello stesso risultato che, in realtà, non è definibile: si tratta solo della conseguenza di un'azione.

Agire e accettare i cambiamenti è l'unico mezzo che abbiamo per smettere di sopportare uno zaino che continuiamo a riempire di sassi: più passa il tempo in una situazione difficile, più lo zaino sulle spalle si riempie di sassi  sino a quando non ce la faremo più a tenerlo e cadremo a terra.

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