La storia di Angulimala l' assassino



Questo sutra si trova nel Majjhima Nikaya 86, ed è contenuto nel Sutra Pitaka, il canestro dei Sutra del Canone Pali Buddhista.


In quel periodo, il Buddha e la comunità di monaci e monache risiedevano nel parco di Anathapindika, presso la città di Savatthi, nel regno del Kosala.
Nei pressi della città viveva un assassino chiamato Angulimala. Più volte era apparso uccidendo gli abitanti dei villaggi vicini, devastando le famiglie, facendo cadere la popolazione nella paura.

Un giorno, il Buddha si alzò di buon mattino lasciando il parco dove viveva con i suoi monaci. Decise di recarsi presso Savatthi per la questua, da solo. Amava passeggiare da solo nelle foreste o nei villaggi, conoscendo la popolazione residente.
Siddhartha proseguì per la via e s' imbatté in alcuni pastori e contadini che lo fermarono immediatamente, dicendo lui
« Monaco, non andare per quella via! Troverai il crudele e sanguinario Angulimala che uccide gli uomini e, delle loro dita, si fa delle collane. Neanche gruppi di decine di uomini hanno potuto evitare la morte ». I locali lo avvisarono per tre volte, ma il Buddha decise di proseguire.

Fu così che, addentrandosi nella foresta e giungendo nei pressi del villaggio, alle sue spalle apparse Angulimala, il quale sorrise nel vedere quel monaco, da solo. Meravigliandosi dell' incoscienza di quell' uomo, gli si avvicinò impugnando la sua spada, armato anche di arco e faretra.

« Fermati! Fermati, asceta! » urlò.
Il Buddha, proseguendo nel suo cammino, senza voltarsi, rispose
« Io sono fermo, fermati anche tu »
« Come posso fermarmi, se sei tu a camminare? Io sono fermo, ma sei tu a non fermarti » ribatté Angulimala.
Il Buddha rispose
« Io mi sono già fermato dal causare sofferenza agli altri. Io sono fermo, tu non lo sei ».

Angulimala rise alle parole del Buddha e spiegò che, ormai, era un assassino, aveva ucciso troppe persone e non poteva fermarsi.
Siddhartha, invece, spiegò che, fermandosi, avrebbe evitato di far male ad altre persone ma, proseguendo ad addentrarsi nel mare dell' inconsapevolezza, avrebbe proseguito a camminare nella sofferenza.

Diversi giorni dopo, il Re Pasenadi del Kosala si recò dal Buddha. Uscì con 500 cavalli, seguito e preceduto dai guerrieri che avevano il compito di proteggerlo.
Entrato nel parco di Anathapindiko, chiese di parlare con il Buddha. Fu condotto da lui, e fu al suo cospetto: era seduto nella sua capanna assieme a due monaci, uno dei quali era Ananda, il suo attendente. Il Re immediatamente lo ammonì

« Ieri, degli abitanti di Savatthi mi hanno riferito di averti visto procedere verso il villaggio, nella zona dove vive il terribile assassino Angulimala. Venerabile monaco, ti chiedo di non recarti più, da solo, o assieme ai tuoi monaci, in quelle zone. Angulimala è un assassino violento e pericoloso! Il mio esercito non è mai riuscito a catturarlo e giustiziarlo »

Il Buddha chiese se il Re avesse paura di lui, e questi confermò, elencando alcuni dei terribili delitti di Angulimala. Siddhartha, così, chiese

« Se tu, Re Pasenadi, vedessi un monaco qui, davanti a te, che ha fatto voto di non compiere violenze, di non mentire, di non rubare e di vivere in semplicità, cosa gli faresti? ».
« Lo salutei e gli renderei omaggio, così come ho fatto con te e i monaci che ho incontrato qui »  rispose il Re.
A quel punto il Buddha porse la mano a lato e indicò il monaco seduto accanto
« Questi, Re Pasenadi, è Angulimala l' assassino ».

Il Re Pasenadi fu sconvolto, e balzò in piedi. Si mostrò terrorizzato, spaventato e inorridito. A quel punto, Angulimala disse
« Non avere paura mio Re, non corri alcun pericolo in mia presenza ».

Il Re non ci credette nonostante vedesse, davanti a sè, un uomo con il capo rasato, con la veste arancione dei monaci, seduto in maniera quieta, rilassata, accanto al Buddha, un maestro illuminato.
Decise di chiedere a quell' uomo chi fossero i suoi genitori e di dove fosse originario. Dopo le varie domande, accertò che, quell' uomo, era proprio Angulimala!


Nei mesi a seguire, Angulimala si recò, assieme ad altri monaci, a Savatthi, per la questua giornaliera. Gli abitanti ascoltavano una gatha recitata dai monaci e donavano, se volevano, del riso o altro cibo.
Un giorno, Angulimala si recò da solo al villaggio. Un uomo lo riconobbe, e urlò contro di lui, chiamando gli altri abitanti
« È Angulimala! Si è rasato il capo e travestito da monaco per non essere riconosciuto! ».
Lanciarono lui una zolla di terra, altri una mazza, altri dei cocci di vasi, sino a gettarsi contro di lui quando videro che non aveva reagito né aveva estratto qualche arma.

Il Buddha fu chiamato e si recò sul posto con Ananda e altri monaci. Angulimala era a terra, in un bagno di sangue.
« Sopporta Angulimala » disse il Buddha « Sopporta, di quell' azione che ti procurerebbe molti anni, molti secoli, molti millenni di inferno, tu provi, ora, nella vita, compenso ».


LA MORALE DEL RACCONTO
Il sutra ha una duplice morale: se stiamo commettendo del male, possiamo fermarci in qualsiasi momento. Non è mai troppo tardi per fermarsi dal provocare sofferenza agli altri. Ciò che di brutto abbiamo commesso, ormai appartiene al passato: il passato non può essere modificato, il presente sì.
Il secondo significato è che possiamo iniziare a fare del bene quando vogliamo: non è mai troppo tardi per iniziare a fare del bene.
Non dobbiamo colpevolizzarci per non aver iniziato prima a far qualcosa di buono, ma dobbiamo fare adesso ciò che di buono possiamo fare.

Angulimala si è portato sulle spalle le conseguenze delle sue azioni, ma si è fermato dall' uccidere. Angulimala aveva due possibilità: proseguire ad uccidere altre persone, oppure fermarsi. Fermandosi non ha riportato in vita le sue vittime, ma ha evitato di crearne di altre.
Ha evitato di causare altra sofferenza agli altri ma, contemporaneamente, ha terminato di causare sofferenza a sè stesso perché, una persona che soffre, una persona che non è felice e serena, non va in giro ad uccidere le altre persone.

Quando decideremo di voler inseguire un sogno, un obiettivo o iniziare un progetto, dovremo ricordarci che la vita è adesso, ora, e dobbiamo e possiamo fare oggi qualsiasi cosa desideriamo.
Non leghiamoci al passato, ma agiamo sul presente per crearci un futuro migliore.

La nostra felicità è legata alla felicità altrui, come la felicità altrui è legata alla nostra felicità.

LA FELICITÀ È NELLE TUE MANI


Il Buddhismo non è una religione, il Buddha non era un Dio, non obbligava a credere in una divinità o a seguire i suoi insegnamenti, ma insegnava solo come eliminare la sofferenza.
Ogni giorno ci capita di mettere in pratica il Buddhismo senza saperlo, e questo, per il Buddha, significava seguire i suoi consigli. 
Questo libro non ha lo scopo di spiegare al lettore quanto era straordinario il Buddha, ma quanto straordinari siete voi.
Prendendo come riferimento il Canone Pali, la grande mole di scritti sulla vita di Siddhartha, si approfondirà il vero insegnamento del Buddhismo, scoprendo che non si tratta di una religione, ma di una specie di filosofia che ci invita a comprendere la nostra vita da soli, senza perdere tempo a imparare a memoria certe pratiche, o a purificarci bagnandoci in acque sacre, ma aprendo gli occhi e la mente di fronte alle nostre emozioni quotidiane, affrontandole e raggiungendo la vera felicità.

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