La vendetta non paga mai: la violenza che richiama la violenza. La storia del principe Dighavu

 


Nel Canone Pali Buddhista, precisamente nel Mahavagga contenuto nel Khandhaka facente parte del Vinaya Pitaka, vi è una storia che trasmette un significato importante. Ecco, di seguito, la storia del principe Dighavu (Mahavagga 10.2.3 - Dighavu-Kumara Vatthu).

Un tempo, nella regione del Kasi a Varanasi, regnava il Re Brahmadatta. Era ricco, potente, con molte proprietà e territori, con un forte e valoroso esercito al suo seguito e riserve colme di grano e provviste per sé e tutto il suo popolo.
Nella regione vicina, il Kosala, invece, regnava il Re Dighiti: era povero, poco potente, con poche proprietà, con un piccolo esercito, pochi territori e riserve con poche provviste e grano.
Un giorno il re del Kasi Brahmadatta marciò, assieme al suo potente esercito, contro il povero re Dighiti del Kosala che, appena seppe dell'avanzata dell'altro imperatore, pensò:
« Mi è arrivata voce che il re Brahmadatta del Kasi stia marciando contro di me: è ricco, potente, con un forte esercito, mentre io sono povero, non molto potente, con poche proprietà, con un piccolo esercito e pochi territori e riserve di provviste e grano. Non sono in grado di affrontarlo. Sarà meglio lasciare la città prima del suo arrivo. ».
Così, assieme a sua moglie, re Dighiti fuggì dalla città. Quindi il re Brahmadatta, dopo aver conquistato l’esercito, i carri, i terreni, gli arsenali e i granai del re Dighiti, ne divenne padrone.

Nel frattempo, il re Dighiti era fuggito verso Varanasi assieme alla moglie e, dopo aver molto viaggiato, vi giunse. Lì visse con lei alla periferia di Varanasi nella casa di un vasaio, travestito da vagabondo. Non molto tempo dopo, sua moglie rimase incinta. Mesi dopo partorì un maschio al quale diedero il nome di Dighavu che significa "lunga vita".
Anni dopo, il Principe Dighavu raggiunse l’età matura. Suo padre, il re Dighiti, pensò:
« Il re Brahmadatta del Kasi ci ha recato molto danno in passato impadronendosi del nostro esercito, dei nostri carri, dei nostri terreni, dei nostri arsenali e dei nostri granai. Se ci scoprisse ci ucciderebbe tutti e tre, perciò il Principe Dighavu deve vivere lontano da questa città. ».
Così il Principe Dighavu visse lontano dalla città ed imparò ogni tipo di mestiere.
In quel tempo il barbiere del re Dighiti lavorava per il re Brahmadatta. Aveva visto il re Dighiti e sua moglie vivere alla periferia della città nella casa di un vasaio, travestiti da vagabondi. Dopo averli visti, si recò dal re Brahmadatta e, appena giunto, gli disse
« Maestà, il Re Dighiti con sua moglie vivono alla periferia della città nella casa di un vasaio, travestiti da vagabondi.».
Allora il re Brahmadatta ordinò
« Portatemi il re Dighiti con sua moglie! »
« Come desidera, maestà. ».
Il Re proseguì ordinando
« Legateli con una robusta fune, poi rasate loro completamente i capelli e fateli marciare per tutta la città incatenati accompagnati dal suono di tamburi. Poi tagliateli in quattro parti e seppellite ogni parte in una fossa indicante uno dei quattro punti cardinali.».
« Come desidera, maestà. ». E così fecero.
Legarono il re Dighiti e sua moglie con una robusta fune, gli rasarono completamente i capelli e li fecero marciare per tutta la città incatenati accompagnati dal suono di tamburi.
Nel frattempo il Principe Dighavu pensò
« È molto tempo che non vedo mio padre e mia madre. Devo vederli.».
Così si recò a Varanasi ed entrato in città vide suo padre e sua madre legati con una robusta fune, con i capelli rasati, marciare incatenati ed accompagnati dal suono dei tamburi. Allora si avvicinò a loro facendosi strada in mezzo alla folla. Il re Dighiti vide il Principe Dighavu e gli urlò

« Mio caro Dighavu non avvicinarti! Non farti vedere!
Non vendicarti di questo! La vendetta non paga mai.
L’odio non si combatte con l’odio. L’odio si combatte con l’amore.».

Sentite queste parole alcune persone dissero
« Questo re Dighiti è impazzito! Dice frasi senza senso! Chi è Dighavu? Perché ha detto queste parole?».
Il re Dighiti rispose alla folla
« Non sono né impazzito né dico frasi senza senso. Chi sa capirà. ». Quindi, per una seconda, una terza, una quarta volta il re Dighiti ripeté, urlando, questa frase.
Poi i servitori del re Brahmadatta, dopo aver fatto marciare il re Dighiti e sua moglie per tutta la città legati da un robusta fune e con la testa rasata, li tagliarono in quattro parti e ogni parte fu sepolta in direzione di uno dei quattro punti cardinali, guardate a vista da alcune guardie, così come ordinato dal loro re.
Il Principe Dighavu, dopo essere entrato a Varanasi, riuscì a far bere alle guardie del liquore che aveva portato. Quando le guardie caddero a terra ubriache, riunì i resti dei suoi genitori, costruì una pira, li pose sopra e dopo aver acceso il fuoco li cremò celebrando rispettosamente il rito funebre.
In quell’occasione il re Brahmadatta era salito sulla veranda del suo palazzo. Vide il Principe Dighavu che celebrava il rito funebre e pensò
« Senza dubbio costui è un parente o un figlio del re Dighiti. Ah, me misero, nessuno può darmi una spiegazione.».
Quindi il Principe Dighavu, dopo aver pianto abbondantemente con disperazione nella foresta, si asciugò le lacrime e ritornò a Varanasi. Recatosi in una stalla d’elefanti vicino al palazzo reale, disse all’addestratore capo degli elefanti
« Signore, voglio imparare questo mestiere. ».
« Allora, giovane, lo imparerai. » gli rispose l'altro.
Quindi, destatosi nell’ultima veglia notturna, il Principe Dighavu nella stalla degli elefanti con voce soave cantò suonando il liuto. Il re Brahmadatta, desto anche lui nell’ultima veglia notturna, ascoltò quel canto soave che giungeva dalla stalla degli elefanti. Così chiese ai suoi servitori
« Chi sta cantando e suonando nella stalla degli elefanti nell’ultima veglia notturna? ».
« Maestà, un giovane, un apprendista dell’addestratore di elefanti, che sta cantando con voce soave e suonando il liuto nell’ultima veglia notturna nella stalla degli elefanti.».
« Vi ordino di condurlo qui da me. » comandò il re Brahmadatta.
« Come desidera, maestà. »
Così essi andarono dal Principe Dighavu e lo condussero al cospetto del re.
Il re Brahmadatta chiese al Principe Dighavu
« Eri tu che cantavi con voce soave e suonavi il liuto nell’ultima veglia notturna nella stalla degli elefanti? »
« Sì, maestà. ».
« Ti ordino, ragazzo, di cantare e suonare il liuto.».
Dopo aver risposto “Come desidera, maestà.” cantò con voce soave e suonò il liuto con lo scopo di acquistare i favori del re.
Quindi il re Brahmadatta gli disse
« Ti ordino, ragazzo, di restare e di farmi da assistente.».
« Come desidera, maestà.» replicò il Principe Dighavu.
Il ragazzo quindi si svegliava al mattino prima del re Brahmadatta, si coricava di sera dopo di lui, eseguiva ciò che il re gli ordinava, sempre per favorirlo, parlando sempre bene di lui.
Così, non molto tempo dopo, il re Brahmadatta gli concesse completa fiducia.

Un giorno il re Brahmadatta disse al Principe Dighavu
« Ti ordino, ragazzo, di preparare il carro. Andrò a caccia.».
« Come desidera, maestà. ».
Così il Principe Dighavu preparò il carro e poi avvisò il re Brahmadatta
« Il vostro carro è pronto, maestà.». Quindi il re Brahmadatta salì sul carro guidato dal Principe Dighavu.
Quando furono lontani dalla città il re Brahmadatta disse al Principe Dighavu
« Ti ordino, ragazzo, di fermarti. Sono stanco. Vorrei riposare. ».
« Come desidera, maestà. ». Così il Principe Dighavu fermò il carro e dopo si sedette a terra a gambe incrociate. Quindi il re Brahmadatta si sdraiò poggiando la testa sul corpo del Principe Dighavu. Poi preso dalla stanchezza, si addormentò.
Il Principe Dighavu pensò
Il re Brahmadatta ci ha molto danneggiato: ha preso il nostro esercito, i nostri carri, le nostre terre, i nostri arsenali e i nostri granai. Inoltre ha fatto uccidere mio padre e mia madre. Ora è giunto il tempo di vendicarmi! ”.
Sguainò la spada dal fodero. Ma poi pensò
Mio padre mi disse, prima di morire: ’"La vendetta non paga mai. L’odio non si combatte con l’odio. L’odio si combatte con l’amore.’" Perciò non posso tradire le parole di mio padre.”.
Così rimise la spada nel fodero.
All’improvviso il re Brahmadatta si svegliò di soprassalto, agitato, tremante, allarmato, nervoso. Il Principe Dighavu gli chiese
« Come mai si è svegliato di soprassalto, agitato, tremante, allarmato, nervoso, maestà? ».
« Ho avuto un incubo! Ho sognato il figlio del re Dighiti, re del Kasi, che mi uccideva con la sua spada! ».
Quindi il Principe Dighavu, prendendo la mano del re Brahmadatta con la sinistra e sguainando la spada con la destra, disse
« Io, maestà, sono il Principe Dighavu, figlio del re Dighiti, re del Kasi. Tu ci hai molto danneggiato. Hai preso il nostro esercito, i nostri carri, le nostre terre, i nostri arsenali e i nostri granai. Inoltre hai fatto uccidere mio padre e mia madre. Ora è giunto il tempo di vendicarmi! ».

Allora il re Brahmadatta implorò il Principe Dighavu in ginocchio
« Risparmiami la vita, mio caro Dighavu! Risparmia la mia vita, caro Dighavu! »
« Chi sono io da poter risparmiare la vita a sua maestà? Vostra maestà deve risparmiare la mia vita!»
« Allora, caro Dighavu, tu risparmierai la mia vita ed io risparmierò la tua.»
Quindi si strinsero le mani facendo giuramento di non nuocersi.
Poi il re Brahmadatta disse al Principe Dighavu
« Ora, mio caro Dighavu, prepara il carro. È tempo di andare.».
Dopo aver risposto “Come desidera, maestà.”, il Principe Dighavu preparò il carro e disse al re Brahmadatta: “Il carro è pronto, maestà.
Così il re Brahmadatta salì sul carro guidato dal Principe Dighavu.

Entrato a Varanasi, il re Brahmadatta fece chiamare i suoi ministri e consiglieri e chiese
« Se incontraste il Principe Dighavu, il figlio di Dighiti, re del Kasi, cosa gli fareste? »
Molti di loro risposero
« Gli taglieremmo le mani, maestà. – Gli taglieremmo i piedi, maestà. – Gli taglieremmo mani e piedi, maestà. – Gli taglieremmo le orecchie, maestà. – Gli taglieremmo la testa, maestà.».
Allora il re disse
« Costui, vi dico, è il Principe Dighavu, il figlio di Dighiti, il re del Kasi. Dovete rispettarlo. Perchè le nostre vite sono uguali. ».
Poi il re Brahmadatta disse al Principe Dighavu
« Perchè tuo padre disse queste parole prima di morire? "Mio caro Dighavu non avvicinarti. Non farti vedere. Non vendicarti di questo. La vendetta non paga mai. L’odio non si combatte con l’odio. L’odio si combatte con l’amore." ? ».

« Mio padre mi disse quelle parole prima di morire perché
se vi avessi ucciso, maestà, coloro che vi amano mi avrebbero ucciso.
E coloro che mi amano avrebbero poi ucciso coloro che vi amano.
E così, senza fine.
L’odio non si combatte con altro odio.
L’odio si combatte con l’amore.
La vendetta non paga mai.
Così ora io vi ho risparmiato la vita e voi avete risparmiato la mia.
Perciò mio padre disse quelle parole prima di morire.».

Allora il re Brahmadatta disse
« È straordinario! Come è saggio questo Principe Dighavu, in quanto ha perfettamente compreso le parole dette dal padre! »
Così gli rese l’esercito paterno, i carri, le terre, gli arsenali e i granai, e gli diede in moglie sua figlia. 

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