Schiavi delle abitudini malsane della società

 


 « La maggior parte delle abitudini che pensate di far acquisire ai bambini e ai giovani non sono vere e proprie abitudini, perché essi le hanno prese per forza e, assecondandole loro malgrado, aspettano solo l’occasione di liberarsene. Non si prende il gusto di stare in prigione a forza di restarvi: l’abitudine, in quel caso, invece di diminuire l’avversione, l’aumenta ».

Scriveva questo, Jean Jacques Rousseau, nel libro V dell' Emilio o Dell'Educazione pubblicato nel 1762. Descrisse in modo eccellente una realtà ancora oggi visibile.

Infatti, sin dalla nascita, crediamo sia di fare ciò che vogliamo, sia che tutto ciò che facciamo (o meglio, eseguiamo) sia giusto, sia normale, della serie « Non potrebbe esser diversamente! ».
Mettiamo abbiate un figlio, e sia un maschio. Mettiamo che, quando uscite di casa con la carrozzina, vestiate il piccolo Daniele (scegliamo il mio nome) con una bella tutina rosa con un cappellino rosa.  Una coppia si ferma per sorridere al pargolo, e uno di loro dice ai genitori « Che bella bambina! ». I genitori potrebbero rispondere « No, signora, è maschio, si chiama Daniele » e i due tipi risponderebbero « Ma ha la tutina rosa! » e i genitori « C'è qualche legge che impone che il rosa sia un colore da femmina? ». Quei due tizi potrebbero rimanere stupiti e, potete scommetterci, potranno credere che i due genitori siano dei folli.

Può sembrare una conversazione assurda ma... non lo è. Quanti di voi hanno vestito il proprio bimbo di azzurro perché maschio o sono stati (tutti noi) a loro volta vestiti di un colore preciso, azzurro o rosa, per distinguere, agli occhi degli altri, il proprio sesso? E quanti di voi maschi hanno rifiutato di acquistare o indossare una maglietta rosa per uscire di casa perché un abito femminile?

Questa è una delle tantissime assurde, stupide e insensate regole sociali che abbiamo assorbito, ci siamo autoimposti e che continuiamo a rispettare convinti che sia anormale violarle. Siete maschi? Provate a indossare un pantalone e una maglietta rosa e vedrete se, andando in giro, qualcuno vi darà dell'omosessuale o persino vi riderà dietro. Un uomo che stira, lava, cucina e fa le pulizie, e una donna che fa la camionista o gioca a calcio vengono viste ancora come attività aliene, fuori dal normale.
Vi sembra normale pensare sia anormale che un uomo stiri o che una donna faccia il meccanico?
E pensare che in inglese sono tanti i termini sessisti come policeman (poliziotto, letteralmente "polizia-uomo"), sportsman (sportivo), freshman (matricola) e fishermen (pescatori).

E qui stiamo parlando solo della manipolazione sociale, quella della cultura siffatta, quella che convince le persone che il maschio deve giocare con le macchinine e i soldatini (perché dovrà per forza guidare un'automobile e portare in giro la sua damigella, oltre al ricordare che fare la guerra è un dovere da cittadino), mentre la femmina deve imparare a tenere un bimbo in braccio (ecco le bambole e bambolette), a stirare, lavare e cucinare (i giocattoli con i primi "prototipi" di cucina, ferro da stiro e persino aspirapolvere). Pensate se prendiamo di riferimento la manipolazione quotidiana su altri ambiti...

Viviamo in una società con delle culture assurde anche se la cosa più assurda è che le persone accettano queste cose come normali, quando non lo sono. Si legano alla norma non scritta e proseguono a tenere la società sullo stesso livello, come se tutto fosse normale, e come se queste piccolezze fossero niente.

Il problema è che proprio accettando queste piccolezze le persone accetteranno anche le "grandezze", le imposizioni più grandi, più ingombranti e, convinti che sarà tutto normale, viviranno come robot, comandati dai famigliari, dai datori di lavoro, dai leader di associazioni, movimenti, partiti, dai governanti...

Essere libero significa anche liberarsi dalle catene che siamo posti da soli convinti che ci diano sicurezza.


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